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Abbiamo incontrato un gruppo di persone della Scuola Comics per parlare insieme di quanto possa fare male la relazione con i social network.

Il gruppo si è lasciato andare alle proprie esperienze personali, non è servito altro e alla fine, abbiamo concluso che internet è un traditore seriale che ha fatto sentire tutt*, prima o poi, avvelenat* e esaust*. Scherzi a parte, emerge il tema della dipendenza, parola che piace poco ma che caratterizza a qualche livello ogni relazione d’amore, se c’è coinvolgimento e se si mettono in gioco i propri bisogni o la parte di sé più vulnerabile.

Internet per sua natura è destinato a generare dipendenza: è infatti coinvolgente ed i social network sono costruiti per massimizzare l’investimento di tempo e attenzione, giocando sui circuiti cerebrali della dopamina. Così, come un perfetto manipolatore, la rete ti lusinga – non puoi pensare di volere che so, una maglia, che subito ti chiede come la vuoi – ed è capillare, cioè pronta a raggiungerti ovunque tu sia, insomma ti riempie di attenzioni. E poi sa un sacco di cose ed è divertente… Come può non piacere? L’idealizzazione reciproca è normale all’inizio di qualunque rapporto, mica ci si può innamorare se si prova disprezzo o disistima (almeno in teoria!) … ma… c’è un ma… l’idealizzazione non dura a lungo e infatti, presto inizia la tua messa in discussione, che può prosciugarti sia emotivamente che fisicamente.

Senza rispetto né sostegno, in modo imprevedibile, viene introdotta una dinamica competitiva, fatta di invidia e gelosia. Come un narcisista patologico qualunque, l’uso dei social ti fa sentire inferiore, ti mette in difficoltà, addirittura ti mette da parte. Chi ti vuole bene ti suggerisce di prenderne le distanze, con “minimalismo digitale”. Hanno ragione, perché c’è una infelicità persistente e diffusa, che ti fa sentire da un lato rassegnat* dall’altro invidios* di chi sta meglio. Viene definita FoMO, la paura di essere tagliat* fuori, di non partecipare a qualcosa di meraviglioso, di meritare solo le briciole. A dispetto di tutto, infatti, la tua angoscia maggiore resta quella di essere scartat* o abbandonat*, perché c’è molta passione (attrazione e dolore insieme) e tu non puoi cedere, non vuoi che qualcun* altr* possa godere del buono o del meglio che si immagina esserci. Si tratta però di un legame immaginario, appunto, solo un’illusione di comprensione, empatia, di connessione, insomma. Nella speranza di alleviare le altre tue paure individuali, i sentimenti autentici sono sostituiti da una simbiosi fatta di apparenza e ruoli. Su internet ti vuoi mostrare nel migliore dei modi ma questo non ti protegge comunque da critiche gratuite, ingiustificate e pesanti.

Qualunque cosa tu faccia, può non bastare o non essere apprezzata. Continui a controllare, rimandi le attività utili, il silenzio ti logora, ti fai trovare ad ogni messaggio, ti impegni nella scelta delle parole giuste ma ti senti troppo espost*, disarmat* e umiliat* o comunque in colpa per ciò che non ha funzionato. In effetti, internet non ha colpe, chiunque è liber* di scegliere se farne uno strumento o un’ossessione, no? E poi, come fare la differenza?

C’è un meccanismo della dipendenza che ti fa chiedere aiuto alla figura di riferimento anche se fosse lei a metterti in pericolo ed è paradossale solo se si dimentica che gli esseri umani muoiono senza dialogo e sono capaci di scelte estreme pur di preservare un legame sicuro.

Ecco, provi a mettere a tacere la frustrazione attraverso la gratificazione immediata di un nuovo accesso on line, ma non è un impegno costruttivo (per esempio, professionale) e così aumentano solitudine e dolore.

Il primo passo è allora trasformare il senso di colpa in responsabilità. Il secondo è poi un’osservazione di sé che scolli i sentimenti da azioni e pensieri e che permetta di cambiare una foto in un video, il rapporto immaginario descritto più sopra in un racconto, che potrà costruire differenze e stabilire dei limiti. Non puoi fare tutto, non puoi non sbagliare, ma c’è spazio anche per te nel mondo, fidati, non è solo virtuale. Bisogna però riuscire a dare voce ai tuoi sentimenti in modo diverso, affrontare, ad esempio, il fatto che ci siano paure più profonde da cui ti stai difendendo attraverso la dipendenza: la solitudine, l’insicurezza, il bisogno di controllo, la vergogna, il valore di sé, la noia, la paura di non avere un futuro felice o di non meritare amore. Il tempo che passi su internet è l’unica costanza: è lo stesso ovunque e tu lo sprechi tra una distrazione e l’altra. Bisognerebbe ridimensionarne lo spazio a strumento, ha bisogno di appoggiarsi, da solo non funziona: è solo un ponte per avvicinare il mondo, non è il mondo; è una matita, non l’idea da disegnare, uno specchio ma senza di te resta vuoto … come ogni buon narcisista!!!

Si dice che amare è dare ciò che non si ha a chi non vuole. Nella dipendenza da internet, offri un futuro che ancora non hai costruito a chi non ha bisogno di te e della tua realizzazione ma solo del tempo di connessione. L’augurio è di provare vicinanza con quello che vuoi diventare da grande, perché dopo che abbiamo ascoltato le persone al nostro laboratorio, pensiamo che dovresti proprio innamorartene!!!

Ci vediamo l’anno prossimo.

Gruppo LABirINTO

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